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Mio figlio parla poco e male. Che fare?

Molti genitori chiedono una valutazione perché il loro bambino non parla all'età giusta o parla meno di quanto atteso. Quando preoccuparsi?

 Il ritardo o disturbo del linguaggio (DL) rappresenta una condizione frequente in età prescolare ed è generalmente considerato un disturbo transitorio dello sviluppo a prognosi favorevole. Ecco una ricapitolazione sull'argomento.

Di cosa si tratta?

I disturbi di linguaggio rappresentano i disturbi neuropsichici più frequenti tra i 2 e 6 anni.  
La definizione di disturbo del linguaggio in età evolutiva è utilizzata per descrivere quadri clinici molto eterogenei in cui le difficoltà linguistiche possono manifestarsi isolatamente oppure in associazione con altre condizioni patologiche, come deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali.

Nel primo caso si parla di "Disturbi specifici del linguaggio" (DSL), ovvero ritardi o disordini del linguaggio "relativamente puri", che non dipendono da deficit sensoriali o neurologici o da disabilità intellettiva. Nel secondo caso i disturbi del linguaggio sono detti "secondari" o "associati" ad un disordine primario.

I DSL risultano avere una diffusione del 5-7% in età prescolare e tendono a ridursi nel tempo con una incidenza dell'1-2% in età scolare. Più della metà dei bambini con DSL presenterà però un disturbo specifico di apprendimento della lettura, scrittura e/o calcolo (dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia). É molto importante, quindi, seguire lo sviluppo del linguaggio del bambino precocemente e monitorare anche in fase scolare la sua evoluzione.

Quando si manifestano?

Lo sviluppo del linguaggio è caratterizzato da una grande variabilità interindividuale, dovuta sia a fattori biologici, sia a fattori ambientali (minore o maggiore stimolazione in ambito familiare, inserimento precoce a scuola, presenza di fratelli o sorelle, stress, ecc.). 
Generalmente intorno ai 24 mesi il bambino possiede già un vocabolario di circa 100 parole e inizia a formare le prime frasi (combinazioni di due parole, spesso associate a un gesto indicativo o simbolico).
Intorno ai 30 mesi di età avviene la vera esplosione del linguaggio, in particolare del vocabolario: il numero di parole prodotte dal bambino aumenta in breve tempo e il bambino inizia a produrre frasi di tre o più parole.

Quando intervenire?

L'età di tre anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti "parlatori tardivi" e i bambini con un probabile DSL.
La presenza di una produzione ancora non adeguata secondo i parametri sopracitati dovrà necessariamente essere valutata da un'attenta visita medico specialistica in neuropsichiatria infantile.
La comprensione del linguaggio dell'adulto, poi, rappresenta un parametro fondamentale per i tempi di un eventuale intervento. Se è preservata, si possono tranquillamente attendere i 36 mesi di età per richiedere una valutazione. In caso contrario non si deve aspettare nella speranza che il disturbo si risolva da sé. 
La consultazione di un centro specializzato aiuterà ad inquadrare ed affrontare un problema che non va sottovalutato in quanto può condizionare fortemente la vita di relazione e gli apprendimenti scolastici successivi del bambino.

Indicatori di rischio

  • A 12 mesi se il bambino mostra difficoltà di comprensione del linguaggio.
  • A 24 mesi se il bambino produce meno di 10 parole e ha difficoltà di comprensione. 
  • A 30 mesi se produce meno di 50 parole e non inizia a combinare insieme due parole, per esempio: "voglio palla!" e ha difficoltà di comprensione.

La consultazione specialistica

Quando si valuta un ritardo o una difficoltà di linguaggio è importante esplorare tutti gli ambiti dello sviluppo psicomotorio del bambino, sia quello medico biologico che quello psicologico ed ambientale, per accertare la presenza di eventuali ostacoli o nelle caratteristiche del bambino o nella situazione ambientale o nell'interazione fra i due e intervenire su questi, per quanto possibile. A partire dagli ostacoli sensoriali (sordità) a quelli maturativi e neurologici (malattie genetiche, sindromi cerebropatiche, epilessia, autismo) a quelli ambientali (modalità relazionali e comunicative non adeguate od organizzazione familiare non ottimale o situazioni socialmente carenti). Situazioni diverse possono richiedere interventi diversi focalizzati sugli ostacoli riscontrati.

Come è di norma in ogni campo la diagnosi deve precedere la terapia: non è produttivo rivolgersi in prima battuta a interventi riabilitativi settoriali limitando l’attenzione alla sfera del linguaggio, come spesso accade. Anche perché come in tutti gli interventi c’è il rischio di "effetti collaterali" negativi sullo sviluppo psicologico complessivo da valutare attentamente nel rapporto rischi/benefici prima di decidere l’intervento.

La nostra equipe

Presso lo studio di Acerra è disponibile un'equipe costituita da un Neuropsichiatra Infantile, un Logopedista, uno Psicologo dell'età evolutiva, uno Psicomotricista, Responsabile Dott. Angela Marchese.



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